venerdì 7 maggio 2010

Il backstage

Cari colleghi, a metà della campagna elettorale più pazza del mondo vi coinvolgiamo con sapidi racconti su quanto sia complesso approcciarsi a queste elezioni. L’avventura è nata un po’ per caso come evoluzione naturale dei Free C.C.P., il Coordinamento precari e freelance dell’Emilia Romagna., sottovalutando però alcuni temi…

Capitolo 1 La burocrazia

Le norme elettorali sembrano fatte apposta per rendere difficile ogni minimo cambiamento. Abbiamo scoperto, ad esempio, che chi è iscritto nel registro praticanti non ha diritto di voto né può essere eletto (e uno dei nostri candidati di punta è stato tagliato fuori…). Cosa più grave abbiamo scoperto che per essere eleggibili occorre avere un’anzianità di iscrizione all’Albo di almeno cinque anni. E’ per questo che, purtroppo, tra i candidati non troverete giovani ventenni, come invece avremmo voluto proporre. Ultimo, e non meno importante, abbiamo scoperto che per votare bisogna essere in regola con i pagamenti nonostante la crisi e le difficoltà ad essere un precario o un freelance.


Capitolo 2 La regione

Per i motivi citati abbiamo avuto difficoltà a trovare persone disposte a candidarsi al di fuori di Bologna. Ci è dispiaciuto molto perché noi siamo una rete regionale e avremmo voluto esprimere candidati dall’Appennino alla Riviera. Per il momento, comunque, va bene così. Se tutto va per il verso giusto (ovvero se tanti di noi andranno a votare), finalmente avremo un rappresentante per categoria nell’Ordine nazionale e regionale disposto a combattere per le nostre istanze e necessità.

Fra tre anni, alle nuove elezioni, saremo in grado di esprimere molti più candidati da tutta la Regione, perché nel frattempo chi ora non ha i requisiti li avrà maturati e i Free C.C.P. saranno una realtà conosciuta e con una, seppur giovane, storia. Siamo certi che un impegno in prima linea, con tutte le conseguenze del caso, darà i suoi frutti.

Capitolo 3 Il Moloch

Chiamiamola con un eufemismo “politica”. Non avrebbe dovuto, ma ci ha sorpresi, spiazzati e a volte disgustati scoprire come un movimento dalle potenzialità come il nostro (enorme) sia stato accolto. Oggi il nostro Ordine ha un suo equilibrio tra la compagne sindacale di sinistra dell’Aser e quella cattolica dell’Ucsi. I meglio organizzati e i più rappresentati sono i cattolici (più bravi a portare la gente a votare). Per noi precari ciò pone un problema grave: la rappresentanza dei pubblicisti è di fatto in mano a colleghi che sono veri e propri pubblicisti, gente cioè che fa un altro mestiere e ogni tanto scrive su un giornale. Nella realtà di oggi, invece, per tutti noi pubblicista significa essere un giornalista 24 ore su 24, sfruttato e sottopagato. E’ la parte più debole dell’Ordine, che fino ad oggi è stata poco nulla rappresentata.

Capitolo 4 Il Sindacato e l’Ordine

Fuori dalle redazioni, il nostro primo approccio è stato, naturalmente, col sindacato Aser che ci

ha aiutato e sostenuto accompagnandoci – per quelle che sono le sue risorse di conoscenza ed esperienza – in questo percorso di candidatura. Anche nell’Ordine abbiamo trovato abbastanza sostegno. Abbiamo apprezzato che ci si svelasse un “segreto” importante: in ogni seggio elettorale sono previsti 5 scrutinatori che sono ben remunerati dall’Ordine per il loro lavoro (circa 250 euro al giorno). Con un po’ di difficoltà, e grazie anche all’apertura dell’Ordine in questo senso, in qualche seggio il 23 e 30 maggio troverete per la prima volta a fare da scrutinatori dei giovani precari. Avremmo voluto ce ne fossero almeno due per ogni seggio ma abbiamo scoperto il “segreto” quando praticamente era già deciso chi andasse a scrutinare, meglio di così non potevamo fare.

Capitolo 5 I colleghi

Altrettanto complesso comprendere le reazioni dei nostri colleghi e dei nostri capi.

Nelle redazioni, chi di noi si sta spendendo su questa battaglia ha trovato una gamma di reazioni varia e diversificata: ironia “eh figurati se cambiate qualcosa”, sostegno “grandi, era ora!”, paura “non dite che sono venuto alle vostre riunioni” e subdole minacce di vario tipo “il sindacato è un binario morto, lascia stare” o peggio “fai quello che vuoi, ma sappi che la politica aziendale non ti vede di buon occhio”. Tanti però anche quelli che hanno apprezzato la nostra “discesa in campo” disposti a darsi da fare, giovani e meno giovani contenti di poter fare qualcosa per la causa.

Questa, senza retorica, è stata la cosa più bella in tutta questa avventura perché non ci sono altri luoghi in cui parlare di NOI, di come immaginiamo il futuro, dei bisogni che abbiamo.

C’è anche chi ci guarda con sospetto perché, crediamo, non riesce a inquadrarci in nessuna categoria precostituita o ci pone critiche incomprensibili “non si cambia entrando nell’Ordine o legandosi al sindacato, non hanno mai fatto nulla per noi” come avrete potuto leggere anche nel nostro blog in seguito al dibattito scatenato dal segretario nazionale dell’Ordine.

Noi siamo contenti di aver suscitato un dibattito. Di giornalismo si parla troppo poco: tutti noi viviamo alla giornata sperando in un futuro migliore e prendendoci bastonate una dopo l’altra, senza però – e per fortuna – che questo scalfisca il nostro “sacro fuoco” per questa meravigliosa professione.

Lo ribadiamo a viva voce per tutti: difficile essere maggiormente convinti e orgogliosi di quello che stiamo facendo.

Certi che il nostro futuro possa e debba essere più luminoso, vi invitiamo per la prima volta nella storia dell’Ordine dei Giornalisti a votare i candidati precari e freelance dei Free C.C.P.

Chiudiamo con una citazione di un collega illustre in cui siamo certi vi riconoscerete tutti.

"La gran cosa è resistere e fare il nostro lavoro e vedere e udire e imparare e capire, e scrivere quando si sa qualcosa e non prima e, porco cane, non troppo dopo". Ernest Hemingway.

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