lunedì 20 dicembre 2010

Nuove proposte all'Odg nazionale per il praticantato

Pubblichiamo la proposta della nostra consigliera nazionale dell'Odg Antonella Cardone sul praticantato giornalistico. L'obiettivo è quello di abbassare la soglia di retribuzione per accedere al praticantato, soglia che per tanti giornalisti di fatto è proibitiva.

Cari colleghi,
In vista dello slittamento della riforma della legge ordinistica, che ancora per molto tempo rischia di dover aspettare che il percorso di confronto parlamentare abbia il suo corso, urge che l’Ordine dei giornalisti preveda un aggiornamento delle sua operatività riguardo un tema che sta molto a cuore a gran parte dei colleghi.
Mi riferisco al problema del passaggio di tanti giornalisti che svolgono quotidianamente la professione, spendendoci energie, entusiasmo, passione, intelligenza e la totalità della giornata lavorativa, all’albo dei Giornalisti Professionisti.
Si tratta di colleghi che avrebbero tutte le caratteristiche per reclamare il diritto all’accesso all’esame di Stato, persone che svolgono la professione da anni, che hanno una riconoscibilità sociale ben chiara, che conservano quel “sacro fuoco” che tutti ci accomuna.
Purtroppo però, il loro desiderio di formalizzare nel modo più consono la loro esistenza con la registrazione all’albo dei professionisti, si scontra contro una prassi che poco asseconda questa legittima aspirazione.

Eppure, già nel 2002 l'Ordine nazionale ha approvato nuovi criteri interpretativi dell'articolo 34 della legge ordinistica del 1963 che disciplina il praticantato. Si sanciva già otto anni fa che aveva ben poca corrispondenza con la realtà del mercato del lavoro pretendere che diventassero giornalisti professionisti solo coloro che potevano vantare la sottoscrizione di un contratto giornalistico da praticante a norma di quello sottoscritto dalle associazioni datoriali con la Fnsi. Fu una scelta molto lungimirante quella di dare il via libera ad altre strade per l’iscrizione, ovvero il riconoscimento del praticantato d’ufficio, quello del praticantato come freelance e quello svolto tramite contratti a termine.
Questa riforma ha permesso una positiva quanto necessaria entrata di forze nuove, soprattutto giovani, nella categoria, i quali, consapevoli dell’importanza della difesa della propria autonomia anche attraverso una istituzione come l’Ordine, ne permetteranno la sopravvivenza anche a dispetto di tutti i marosi cui è sottoposta. Ultimo esempio in ordine temporale, la proposta di legge appena depositata in Parlamento che prevede la cancellazione del nostro ente.
Purtroppo però è da notare come l’applicazione dei nuovi criteri interpretativi predisposti dall’Ordine nazionale abbia avuto una diffusione ben poco omogenea sul territorio nazionale, creando gravi ingiustizie.
Esistono ancora oggi, infatti, Ordini regionali dove ai colleghi che chiedono di essere iscritti nel registro praticanti si risponde che, senza un contratto giornalistico da praticante, ciò non è possibile.
Qui all’Ordine Nazionale ci arrivano regolarmente i ricorsi di colleghi che, vistosi respinta la loro domanda dagli Ordini regionali, sapendo che altrove invece sarebbe stata accolta, reclamano giustizia in questa sede. Fosse solo per l’interesse che dimostrano su questo tema (davvero lodevole in un momento in cui sempre più colleghi o rifiutano consapevolmente o cancellano l’iscrizione all’Ordine) a mio giudizio le loro istanze andrebbero accolte, anche perché il percorso del ricorso prevede una spesa economica non indifferente che solo chi rispetta nel profondo questa Istituzione, ha la voglia di sostenere.
Il primo auspicio che qui esprimo è quindi quello di dare informazioni puntuali ai colleghi che desiderano diventare giornalisti professionisti, ma che – non per scelta loro – non possono vantare la presentazione di una dichiarazione del direttore responsabile conforme a ciò che la legge del ‘69 prevede.
L’Ordine nazionale da tempo si è espresso a favore di questi colleghi, e in molte parti d’Italia la possibilità di un praticantato ad esempio da freelance sono realtà.
Mi permetto di invocare quanto sia necessario eliminare ogni discrasia tra Ordine e Ordine, rendendo omogenea in tutto il Paese l’applicazione di una norma - una delle pochissime - favorevole a tantissimi colleghi.
Rispetto al dettaglio dei nuovi criteri interpretativi deliberati dall’Ordine nazionale nel 2002, ricordo che si prevede che ad esempio per il praticantato freelance per l’iscrizione al registro praticanti è sufficiente che il richiedente presenti copia delle ricevute di pagamento da parte delle testate, documentazione della produzione giornalistica, e copia della dichiarazione dei redditi da cui risulti che il compenso annuale dell'attività giornalistica corrisponde al trattamento minimo del praticante.
Fino ad oggi gli Ordini regionali hanno applicato una interpretazione molto restrittiva del passaggio in cui si prevede che il compenso da richiedere corrispondesse al minimo del praticante.
E’ un punto su cui vi chiedo la pazienza di soffermarci.
Si faceva riferimento, infatti, al contratto di lavoro nazionale Fieg-Fnsi che contempla per i praticanti assunti, oltre allo stipendio di base, anche tredicesima e indennità redazionale, arrivando all’iperbolico (per un non contrattualizzato) stipendio annuo di oltre 15 mila euro.
Ritengo, e con me tantissimi colleghi, che questa interpretazione restrittiva dei criteri interpretativi decisi dall’Ordine nazionale nel 2002 sia da superare per rendere l’Ordine dei giornalisti più rispondente alla realtà della professione che voi presidenti avete modo di conoscere molto meglio di noi per il vostro contatto diretto con il territorio.
Sono sempre più numerosi, infatti, i giornalisti professionisti solo nei fatti, e non nella forma, che guadagnano molto meno di quei 15 mila euro che il contratto Fnsi-Fieg (un vero libro dei sogni, per tanti) assegna ai praticanti.
E’ un numero di colleghi in crescita, che non contempla solo chi inizia l’attività. Anzi, è un esercito che purtroppo assolda sempre più colleghi di lunga esperienza, espulsi dalle realtà redazionali per via delle crisi aziendali. E che tristemente si prevede si ingrosserà sempre più in futuro.
Già oggi, secondo le ultime autorevoli ricerche, più della metà della professione è ormai costituita da freelance, ovvero colleghi senza uno straccio di diritto, che in caso di crisi del giornale di riferimento non possono ambire all’assegno di disoccupazione e non sono contemplati negli accordi per la mobilità, e dall’Inpgi 2 hanno quantità ridicole di welfare. Colleghi che hanno redditi nettamente inferiori a quelli del lavoro subordinato: nel 2009, un giornalista dipendente su tre aveva un reddito annuo inferiore ai 30.000 euro lordi, mentre più della metà dei cosiddetti autonomi (il 55,25%) dichiaravano un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro.
Appare lampante, dunque, la discrasia tra una categoria di lavoratori che guadagna in media 7 mila euro l’anno e un Ordine che per vidimarne la professionalità pretende che guadagni almeno il doppio.
Per questo l’invito che porgo a voi autorevoli presidenti è quello di dare una rispondenza il più possibile aderente alla realtà ai criteri interpretativi suggeriti dall’Ordine nazionale 8 anni fa. Ovvero, considerare il solo stipendio base del praticante, 8.500 euro annui, come parametro di riferimento per l’accettazione delle domande dei colleghi che chiedono l’iscrizione al registro praticanti come freelance.
Non ha evidente senso, del resto, pretendere che a questi colleghi – che di fanno non hanno alcuna voce nell’ambito della contrattazione sindacale tra editori e sindacato - venga riconosciuta una “indennità redazionale”, quando in redazione è addirittura loro proibito l’accesso!
L’urgenza della necessità di un intervento di questo tipo, che non necessita di particolari riforme legislative o tecniche, ma che confida solo nel buon senso di voi rappresentanti dell’Ordine nelle Regioni, è dimostrata dai tanti elementi che ho precedentemente elencato.
Ma il principale è uno solo. Pensare al futuro dell’Ordine, che sempre più deve essere costituito da giornalisti attivi, i quali non è corretto scontino sul tavolo ordinistico lo sfruttamento imposto dagli editori.

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